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Un traguardo metafisico

Milano, venerdì 28/4/2017, ore 20
E’ la vigilia del mio compleanno, con pochi passaggi di impulso, il minimo consumo di energie di qualche click e nessuna riflessione, mi regalo l’iscrizione alla cento chilometri del Passatore.
Si tratta di un gesto con il medesimo fondato sensato logico dell’andare a fare bugee jumping dopo un banchetto nuziale, partecipare ad un concorso di rabdomanti o scommettere sull’inter per il prossimo scudetto.
In effetti ad oggi la massima distanza per cui ho corso è di 43 chilometri, dopo la maratona di Milano per ragioni varie ho notevolmente ridotto le attività di allenamento alla corsa e la mia condizione fisica non è certo ai massimi, ma soprattutto 100 chilometri a ben pensarci, anche senza considerare i dislivelli altimetrici del percorso, mi appaiono come un entità imponderabile al pari della distanza della terra da Vega. Dieci chilometri sono la distanza da casa al ponte di Buccinasco e ritorno, in venti vado avanti e indietro sul naviglio grande fino a Trezzano, quarantadue li vedo realisticamente srotolarsi nel film dell'ultima maratona di Milano, cento no, riesco a figurarli sul contachilometri della macchina in autostrada ma riportarli sulle gambe ed il garmin è un esercizio di astrazione che mi trascende.
Manca un mese concludo, spegnendo il computer, ci penserò

Milano, venerdì 26/5/2017, ore 21
Invio un ultima mail completata di fretta e chiudo bottega al termine di una settimana lavorativa convulsa a dir poco.
Devo tornare a casa a preparare il materiale per domani, avendo solo accatastato su un letto qualche pezzo di cui mi veniva in mente di tanto in tanto poter essere utile la disponibilità, al di là delle mie ancora poche e confuse idee sulla corsa che mi aspetta.
Finirò così per infarcire uno zaino maxi nella speranza di non privarmi di qualcosa di necessario una volta sul posto

Firenze, sabato 27/5/2017, ore 11,20
Esco con l’amico Damiano dalla stazione di S.Maria Novella incontrando negli immediati dipressi il camper del nostro club che funge nella circostanza da confortevole e rassicurante campo base. Come il perfetto impreparato fuori dalla scuola prima del compito in classe raccolgo preziosi consigli pratici dal veterano Beppe. La prima dura prova ci aspetta in piazza sotto il sol leone con la coda per il ritiro del pettorale con il centro di Firenze ribollente di podisti.

Fiesole, sabato 27/5/2017, ore 16,35
Lo scollinamento dal primo rilievo importante del percorso con un dislivello positivo di un cinquecento metri circa ad una sedicina di chilometri dalla partenza avviene con un passaggio spettacolare per la panoramica radiosa sulla piana di firenze da un lato e i prati e boschi dall’altra parte, contornati da un pubblico fervente come ad un gran premio della montagna del giro d’Italia. Ho corso o camminato piacevolmente un buon pezzo con il giovane Francesco al suo secondo tentativo al Passatore e mentre mi invita saggiamente alla prudenza moderando il ritmo nella discesa che si va ad iniziare io non resisto, devo far girare un po’ le gambe e pur con una certa attenzione a massimizzare la fluidità degli appoggi mi lascio andare mollando i freni. L’aria non è più torrida come alla partenza, il paesaggio collinare è incantevole e mi sento piuttosto bene.


Colla di Casaglia o passo della Colla, sabato 27/5/2017, ore 20,03
Quasi metà gara, oltre le colonne d’ercole della massima distanza a cui avevo corso fino ad oggi: le salite dure sono alle spalle, la temperatura è ideale ora per correre, ma quante forze ho profuso fin qui, quanto hanno spese i miei muscoli non solo delle gambe, su quali energie fisiche e mentali posso ancora contare?
Questo mi domando senza riferimenti e senza risposte in un nuovo effervescente passaggio denso di pubblico prodigo di incoraggiamenti. Scruto la strada avanti in attesa di individuare l’happy camper dove indossare qualcosa di più caldo, rifornirmi di alimenti energetici e scambiare due battute confortanti con gli amici per il proseguio prima del crepuscolo. Ormai i gruppi di corridori sono sempre più rarefatti e distanziati e la solitudine mette ineludibilmente a confronto più serrato con i propri limiti e debolezze.

Appennino Tosco-Emiliano località imprecisata, sabato 27/5/2017, dopo le ore 20,30
Interrotta da qualche dosso e falsopiano prosegue la discesa che continuo ad affrontare con un passo discretamente scorrevole e un approccio deciso che mi stanno facendo recuperare molte posizioni. Nell’ennesimo gruppetto raggiunto mi colpisce una sgargiante maglia da ciclismo con scritte della Tinkoff riprodotte in più punti anche in cirillico. Il possessore quando abbandono allungando il terzetto mi prende la ruota e lo avverto seguirmi per un po’ finché non mi si affianca consentendomi ben volentieri di scambiare qualche parola.  In effetti ha un passo che ben si armonizza con il mio e da quanto capisco, pur non avendo mai affrontato questa particolare corsa ha già esperienza di ultramaratone così che ben presto è stabilito un sodalizio per affrontare il proseguio. Filippo ed io ci presentiamo, si parla di famiglia, bicicletta e, ovviamente, di corsa ed i chilometri scorrono più veloci, con un po’ io davanti e lui a moderarmi, un po’ lui a fare l’andatura con apprezzabile regolarità.

Appennino Tosco-Emiliano 58-59 chilometri da Firenze, sabato 27/5/2017, ore 21,00
Il sole è già tramontato, la notte avvolge silenziosa la via con l’aria fresca e umida dei boschi da cui brillano le rade isole luminose di casolari e piccoli borghi, riflessi di un cielo di stelle senza luna. La consapevolezza della strada fatta, di quella ancora da fare e della fatica crescente vanno di pari passo con il progredire della nostra corsa. Prima che dubbi ed esitazioni si intromettano nell’esile equilibrio delle motivazioni per non fermarsi ho un intuizione e così mi rivolgo all’uomo che mi accompagna da neanche un ora ed a stento ho visto in viso:
-        Filippo, dì tu una preghiera.
Filippo allora mi risponde pronto e non esita a pronunciare con sicurezza e sentimento un orazione appena cadenzata dall’impegno della respirazione. Nell’ave Maria che segue ci alterniamo con perfetta sincronia, come nel Padre nostro, che conclude uno squarcio nel buio della notte, ad aprire una comunione profonda. Quando torno a sentire il silenzio una commozione intensa mi sale dal petto, più forte della stanchezza, della sete, di tutti i dolori di tanti muscoli e corro muto e sereno come un mare piatto e piango dentro dell'intensità di tanto momento,  senza lacrime e singhiozzi. Questo non lo immaginavo, non potevo figurare alla partenza qualcosa di così alieno dal puro sforzo fisico, ma ora so di un qualcosa per arrivare alla fine e sarà più di quanto pensassi.

San Cassiano, sabato 27/5/2017, ore 23,00
Settantasei chilometri alle spalle, sulle gambe e in tutto il corpo. La distanza residua incomincia ad essere in un ordine commensurabile ma per converso il cumulo del duro percorso e del tempo impegnato in attività si fanno sentire: al ristoro dopo il cancello di rilevazione cronometrica mi scopro arrivare col respiro affannato, un segno sia di affaticamento organico ma soprattutto di calo di attenzione nel mantenere un atteggiamento decontratto e un ritmo di respirazione profonda. Correre in modo fluido facendo i conti oltre che con un prevedibile irrigidimento alle gambe, con dolori alla muscolatura profonda addominale, a quella della schiena e ad incipienti vesciche ai piedi non è cosa facile ed assorbe preziose energie mentali. Tanto più che gli indispensabili ristori di qui in avanti sono generatori di nausea per uno stomaco che dopo sequele di gel, gelatine di frutta, banane, toast con marmellate, riesce solo ad accettare brodo caldo e te con miele. Quando dal bancone mi viene gentilmente proposto del grana devo ritrarmi inopinatamente e repentinamente per reprimere un conato. Usciamo dal paese camminando con l’intento di riprendere a correre progressivamente ma Filippo accenna a claudicare e alla mia domanda se va tutto bene evasivamente mi propone di ripartire intanto io innanzi. Lo guardo in faccia, in una maratona o altra gara la questione non si sarebbe posta, ma qui sarebbe in effetti come lasciare un compagno ferito sul campo di battaglia, un azione forse giustificabile pragmaticamente ma nemmeno considerabile allo stato attuale. Lo faccio allora accostare ad un platano e sondo il suo polpaccio destro premendo con i pollici e trovando così un principio di contrattura che in pochi minuti con una manipolazione fortunosa riesco a sciogliere.
Ripartendo con gradualità e attenzione Filippo benedice vari santi fra cui San Nicola, diciamo di Bari.

Brisighella, Domenica 28/5/2017, ore 00,25
La ripartenza dalle soste è sempre più difficoltosa e al limite dolorosa. Filippo è avanti qualche decina di metri e riprende il passo con un gruppetto che stiamo incrociando con costanza da un po’ e non si accorge che io, in sofferenza, sto perdendo il treno. Dopo un paio di minuti riesco a rimettere in moto le gambe, manco avessi dei calzari da palombaro ai piedi. Mancano una dozzina di chilometri, la banale distanza che in una cinquantina di minuti faccio ogni mattina, qui però, solo nel buio completo di lunghi rettilinei persi nella notte, sembrano un baratro incolmabile. Un passo alla volta, un chilometro alla volta, pensa alla respirazione e a quanto possa essere facile correre piano, mi dico.

Periferia di Faenza, Domenica 28/5/2017, ore 01,25
Il buon Ciro mi ha raggiunto e scortato in bicicletta in questi ultimi chilometri dalla vuota e buia campagna verso le prime propaggini dell’abitato dell’ abitato di Faenza dove si intensifica con gradualità l’illuminazione e si inizia a percepire l’esistenza di un traguardo, entità immanente fino a qualche ora fa.
E’ il momento infine di provare a dar fondo a tutte le forze residue incrementando il ritmo, già in piccola misura alzato progressivamente dal novantesimo chilometro, trovandomi a raggiungere e superare un certo numero di altri corridori e incontrando però un limite in un acuto dolore al fegato che segna la misura della velocità massima a cui correre.


Ecco Filippo che gioisce del mio rientro laddove il percorso verso il centro della città incomincia ad essere circoscritto da transenne, già testimoni qualche ora fa dell’ingresso trionfale di re Giorgio.
Ecco le luci della piazza, ecco il portale dell’arrivo, ecco sparite per un attimo ogni fatica e sofferenza. Appena oltre i riflettori che illuminano il traguardo arresto il cronometro e visualizzo il tempo che questi cento chilometri hanno misurato. Della loro essenza però, anche ora che sono stati percorsi,  capisco solo non essere definibile, nello stesso modo in cui risulterebbe ineffabile stringere tra le mani della neve polverosa. So comunque per certo che qualcosa nella notte oltre la piazza è successo; come il calore, il freddo, la pressione possono trasformare la materia, la lunga strada la indietro consegna alla fine un me diverso da quello partito il pomeriggio di ieri dal centro di Firenze.



 

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