Passa ai contenuti principali

La scighera


Poi, dopo lo sai perché, o almeno così speri vestendoti, con la cortina bianca della scighera, la nebbia lombarda, fuori della finestra ad occultare la assopita Milano domenicale.
 
In strada sono incerti persino il garmin a trovare il satellite e le gambe a prendere una direzione, che poi è la solita, giù verso il naviglio dove il pilota automatico si innesta in un attimo e si tratta di capire non come lasciare indietro il torpore della notte ma perché iniziare il nuovo giorno così  traumaticamente.
Con il freddo e con l’umido che penetrano la sottile barriera dei vestiti aderenti, raggiungendo  appena dopo quella del viso la pelle delle gambe, quella del torace, delle braccia e del collo, ci vogliono non meno di due chilometri, una decina di minuti, solo per avere una risposta dai muscoli e dal cuore, sei in movimento, anche oggi si vive.
I passi seguono i passi guidando gli occhi alla ricerca del percorso parallelo alla via d’acqua intenta a sbuffare vapore sull’alzaia, gli edifici si diradano,  l’orizzonte si appiattisce su un telo bianco solidale al cielo.
E’ l’impatto ravvicinato dei piedi sull’asfalto a dire che passando i minuti progrediscono i metri ed i chilometri, mentre il pensiero si distende in uno spazio dai confini sciolti.
Allora guardare avanti la stessa strada è come guardare indietro la scia di una nave sul mare, osservare un solco che si allarga su un piano liquido.
Aprendo meglio gli occhi ci vedi poi, dopo, dopo ancora riemergere e galleggiare frammenti, rottami sparsi, pezzi indistinti rimestati nell'acqua ribollente. Sono sogni, ricordi, progetti o desideri portati a galla per un istante e subito dispersi nella corrente, fino a che sulla via del ritorno riappare sull’asfalto al lato della banchina la striscia bianca che porta dritto fino a casa, dove la nebbia non sopravvive tra solide mura di fitti palazzi.
Sigla:

Home is where I want to be

Commenti

Post popolari in questo blog

Fuori tabella

Anche l'ultima tabella con la pianificazione di quindici settimane, ovvero i poco meno di quattro mesi dallo scorso dicembre al marzo appena passato, va in archivio dopo qualche giorno di abbandono su un tavolo tra riviste, estratti conto e bollette. Non contiene in effetti un programma particolarmente evoluto o strutturato ma è proprio questo che me l’ha fatta apprezzare e scegliere, avendo la possibilità più facilmente di interpretarla e adattarla alle esigenze contingenti, come uno spartito aperto ad esecuzioni con spazio ad un po’ di creatività da ripartire su circa mille chilometri totali, per correrne alla fine quarantadue d’un fiato. Riscorrerne qualche casella è come rileggere casualmente pagine di un diario che ha segnato con una sua propria codifica l’inizio della maggior parte delle giornate di questo particolare inverno. Così ad esempio balza all’occhio alla fine della prima settimana la licenza di una “R” come riposo sul giorno venticinque dicembre, altrimenti ...

Happy pacer

L’ingresso del vento di Buriana coincide con un momento di una svolta radicale nella stagione podistica, ovvero il passaggio dall’agonismo spinto delle corse campestri al ruolo di pacer in una mezza maratona in quel di Treviglio, Bergamo, landa di impavidi runners che in quasi mille nel giorno del riposo affrontano un clima gelido con le scarpe da corsa invece che con ciabattoni davanti ad un camino. Cotanta transizione significa nei fatti passare dai terreni pesanti di prati e campi alla strada asfaltata, da sei chilometri corsi a tutta a ventuno fatti nel binario della regolarità e sopratutto dalla competizione accesa nello spirito ”a la guerre comme a la guerre” alla guida nella disponibilità di chi vuol dare il meglio per raggiungere un obiettivo. Tale lo choc quale accorgermi giusto in autostrada di aver lasciato il garmin proprio la, in bella vista sul tavolo di casa, come disposto dopo minuziosa ricarica la sera della vigilia. No dico, l’orologio per correre nel giorno di...

Il buio oltre la siepe

Con l’arrivo di marzo finalmente le giornate si allungano in modo sensibile e uscendo la mattina presto si può beneficiare di un po’ di luce e di temperature non troppo rigide così che, nelle consuete uscite al parco nord, è tangibile ogni giorno il progressivo e inarrestabile risveglio della natura che invita a ripercorrere e riscoprire tanti tratti già conosciuti nelle veste invernale, ammantati di brine e nebbie. Uno degli angoli del parco per me più apprezzabili paesaggisticamente è collocato appena oltre uno dei primi accessi disponibili provenendo dal ponte a fronte del grande complesso scolastico dell’ITC. Si tratta di una zona con prati di forme irregolari intorno ad un vialetto alberato che si sviluppa in una esse data da due ampi archi congiunti a formare un caratteristico percorso il cui evidente fine non è collegare due punti nel modo più diretto ma proprio quello del divagare fine a se stesso. Dimenticando le trafficate direttrici stradali di collegamento tra i vari c...